Una storia vera: la ricostruzione, senza sconti al sentimentalismo e alla retorica, accurata e documentata da materiale inedito (lettere, fotografie, interviste autentiche) della vita del figlio maggiore di Stalin in Italia. Un tema controverso.
Anni Quaranta del Novecento: piena Seconda guerra mondiale. Jakov Josifovic Džugašvili è il figlio maggiore di Stalin, il dittatore sovietico, una delle figure più discusse e controverse di tutto il secolo passato. Jakov ebbe in sorte una vita breve (nacque nel 1907 e morì negli anni Quaranta) eppure intensa. Il punto, il nodo su cui agiscono con perizia Tarzariol e Zambon, è questo: quando, come e dove è morto Jakov? Secondo fonti ufficiali, riconducibili alla propaganda nazista, egli sarebbe morto nel 1943 in un campo di prigionia in Germania. Secondo altri numerosi studiosi sarebbe invece fuggito da quel campo e avrebbe trovato la morte in Italia, dopo essersi aggregato alla Resistenza partigiana sotto nuova identità. Sarebbe arrivato in Italia, sfruttando nuovi dati anagrafici. Si sarebbe chiamato Giorgi Varazashvili (traendo nome e cognome da un uomo realmente vissuto e già morto) ed avrebbe combattuto insieme ai partigiani stanziati nel Nord Italia con il nome di battaglia di capitano Monti. In Italia, il Monti/Jakov avrebbe vissuto una relazione con una donna tutt’oggi vivente, dalla quale avrebbe avuto un figlio. Il figlio, cui venne dato nome di Giorgio Zambon, a sua volta, avrebbe avuto una figlia: la Alessandra Zambon coautrice del presente volume. Lettere inedite, fotografie, interviste autentiche a persone legate a questa vicenda – e molto materiale ancora – ci fanno conoscere i risvolti più controversi di un episodio a noi vicino, vicinissimo, e del quale, ancora, troppo poco si conosce.