Con Apie ’d pera Tavio Cosio racconta le sue valli e sogna sulle lontane radici delle loro genti nella sua parlata piemontese “mesa vitona”, come la definiva, libera il flusso narrativo così come il flusso emozionale “ditta dentro”, senza preoccuparsi di scegliere coerentemente tra la piemontesità della crava, del luv, dell’oloch e l’occitanità della chabra, del lop, del janavel; senza rinunciare alle sottili sfumature tra fum e tuba, òri e spòrch, maunèt, tra escalabruna e ambrunì. Questi racconti, strettamente legati tra loro, insieme offrono l’immagine di una valle alpina occidentale nel passaggio dal neolitico all’età dei metalli. È una media valle ideale, con quelle caratteristiche che si potevano riscontrare in buona parte della Granda piemontese ed occitana, una valle descritta con vivida fantasia ma sempre alla luce di profonda documentazione.